Su NT + Fisco - Il Sole 24 Ore, Davide Greco e Maria Lucia Di Tanna si soffermano su tre interessanti pronunce della Corte di Cassazione in materia di redditi da lavoro dipendente e convenzioni internazionali le quali hanno evidenziato errori nell’applicazione e nell’interpretazione delle norme ad opera dei contribuenti, dell’Amministrazione finanziaria o della giurisprudenza di merito.
Il comune denominatore dei casi analizzati è il trattamento fiscale dei redditi “transnazionali” da lavoro dipendente. Trattasi, in particolare:
- della sentenza n. 22445 dell’8 agosto 2024 in cui ad essere coinvolto fu un contribuente italiano, il quale percepiva redditi di lavoro dipendente per un’attività di lavoro svolta, per più di 183 giorni, in Kazakhistan;
- della sentenza n. 24205 del 9 settembre 2024 in cui ad essere coinvolto fu un pilota italiano di una compagnia inglese con sede di direzione effettiva in Portogallo. Nel caso di specie, la difesa del contribuente sosteneva la potestà impositiva esclusiva del #Portogallo, quale Stato di localizzazione della sede di direzione effettiva della società aerea in forza di quanto disposto dall’articolo 15, paragrafo 3 della Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra l’Italia e il Portogallo;
- della sentenza n. 22445 del 2 dicembre 2024 in cui ad essere coinvolto fu un contribuente anch’esso italiano, il quale aveva percepito redditi di lavoro dipendente per un’attività prestata negli #USA. Nel caso di specie, a giudizio della difesa del contribuente, tali redditi si sarebbero dovuti tassare solo ed esclusivamente negli Stati Uniti così prevedendo, sempre secondo la difesa, l’articolo 15, paragrafo 1 della Convenzione internazionale siglata tra i due Stati.
Nel primo caso la Suprema Corte ha sentenziato che il soggiorno all’estero per più di metà dell’anno rilevi solo al fine di disapplicare la potestà impositiva esclusiva dello Stato di residenza con conseguente applicazione del principio di potestà concorrente.
Nel secondo caso analizzato da Greco e Di Tanna, la potestà impositiva concorrente tra lo Stato ospitante la direzione effettiva del Datore di Lavoro (Portogallo) e quello di residenza del prestatore (Italia) evocata dalla Cassazione trova la sua ratio nello stesso testo in lingua inglese della Convenzione Italia-Portogallo la quale, in luogo dell’espressione “shall be taxable” utilizza l’espressione “may be taxed”. Si legge, in particolare, all’articolo 15, paragrafo 3 di detta convenzione che: «(…) remuneration derived in respect of an employment exercised aboard a ship or aircraft operated in international traffic may be taxed in the Contracting State in which the place of effective management of the enterprise is situated».
Infine, anche nel terzo caso in esame assistiamo a un’errata interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 1, questa volta della Convenzione Italia-USA. Errore enfatizzato dalla stessa Suprema Corte la quale ha ricordato al contribuente di come lo Stato della residenza non perda mai, anche in fattispecie internazionali, la propria potestà impositiva. Quest’ultima, eventualmente, può diventare concorrente con quella dello Stato della fonte ma mai essere esclusa.