Sulle pagine della rivista Fiscalità & Commercio internazionale (N. 2/2025) edita da Wolters Kluwer Italia, Gabriele Giardina, Maria Lucia Di Tanna, Giulia Sorci e Davide Greco intervengono su un tema particolarmente affascinante, quello della fiscalità del mondo degli eSports. 

L'analisi si è sviluppata su due livelli. 

Nella prima parte gli autori si concentrano sui profili di fiscalità domestica inquadrando, a livello reddituale, le principali fonti di reddito dei gamers. 

Le fonti di reddito tipiche di un gamer sono inquadrabili in tre macro-categorie, più in particolare: 

i. premi in denaro: conseguiti in virtù della partecipazione a tornei online ovvero offline (i c.d. compensi di partecipazione ovvero montepremi) in qualità di single player ovvero, per il tramite del proprio team di appartenenza; 

ii. pagamenti delle piattaforme di streaming: somme di denaro derivanti dalle principali piattaforme di streaming quali, giusto per citare le più note, YouTube e Twitch, per la trasmissione live (ma non solo) degli eventi di gaming; 

iii. proventi da immagine: compensi derivanti dallo sfruttamento della propria immagine quale prodotto della collaborazione con i brand di settore (ma non solo). 

Nella seconda parte, invece, gli autori si soffermano sui profili di fiscalità internazionale valorizzando la disciplina di cui all'articolo 17 del Modello di Convenzione OCSE. 

In particolare, la domanda a cui si è cercato di rispondere è la seguente: il gamer, a livello internazionale, è un artista o uno sportivo? 

Secondo la dottrina internazionale la figura del gamer dovrebbe potersi ricondurre nell’alveo della categoria degli sportivi per svariati motivi qui di seguito sintetizzati. 

Innanzitutto, lo “sforzo” fisico che l’attività competitiva di gaming impone al singolo gamer. Al pari degli sport tradizionali anche gli esports richiedono difatti che il gamer segua una preparazione e un allenamento specifico. Si pensi che un gamer competitivo è in grado di raggiungere oltre 400 click su tastiera e mouse al minuto. E ancora, nel corso della propria performance, il gamer può raggiungere tra i 160 e i 180 battiti del cuore (tale range di battiti normalmente è quello che si raggiunge in un c.d. sprint di corsa). È stato addirittura calcolato che nel corso di una “battle” il livello di stress è così alto da causare in capo al gamer la produzione di una quantità di cortisolo quasi equivalente a quella prodotta da un pilota di gare competitive. 

Dati, quelli sopra esposti, senza dubbio sorprendenti, i quali enfatizzano come l’attività competitiva del gaming richieda in capo al singolo gamer uno sforzo fisico non comune paragonabile, sotto certi punti di vista, a quello richiesto ad un atleta di sport tradizionale. 

Ma non è solo lo sforzo fisico a venir valorizzato dalla dottrina internazionale. 

Vengono, infatti, enfatizzati anche: 

1. l’aspetto piscologico e mentale; 

2. le similitudini “strutturali” degli eventi di esports rispetto agli eventi sportivi tradizionali.

 

Per il testo integrale si rimanda alla lettura dell'articolo n. 2/25 della rivista "Fiscalità e Commercio Internazionale" edita da Wolters Kluwer Italia