Aspetti fiscali dello sport professionistico
Viaggio nel mondo degli “influencer sportivi”
Uno sportivo può qualificarsi come “influencer”? La risposta riteniamo sia ormai, senza ombra di dubbio, sì. Sembrerebbero essersene accorti, di recente, anche i giudici della Corte di Giustizia tributaria di II grado del Piemonte nella sentenza n. 219, pubblicata in data 15 maggio 2023, relativa a un caso che aveva visto coinvolto una nota star del calcio.
Ebbene, secondo i giudici piemontesi anche uno sportivo potrebbe essere considerato un influencer ogniqualvolta sia in grado di “sfruttare” la propria popolarità per svolgere attività commerciali di promozione di beni e servizi di uno specifico brand.
Quando ciò accade, ci si deve dunque porre il tema di come trattare fiscalmente i compensi percepiti per lo svolgimento di tali attività. Accade poi, molto spesso, che i compensi vengano corrisposti in “natura”. Ci troviamo, in tale ipotesi, nel campo dei c.d. “supplied”, recentissimamente dibattuti dalla stampa specializzata.
Fiscalità dei premi sportivi
La partecipazione a competizioni sportive nazionali e internazionali molto spesso si “trasforma” in fonte di guadagni: i c.d. “premi sportivi”.
Trova qui applicazione la nuova disciplina di cui all’articolo 36 comma 6-quater introdotta con Decreto n. 36/2021 (recente riforma dello sport) oppure risulta importante fare alcuni distinguo in funzione della natura soggettiva dello sportivo coinvolto? E dunque, professionista o dilettante? E ancora, la fiscalità dei premi sportivi cambia in funzione della “bandiera” italiana o estera dell’organizzazione sportiva coinvolta?
Tutti temi articolati su cui prestare la massima attenzione.
Agenzie e scherma: tutta questione di mandato?
Nel corso dell’attività professionale capita sempre più spesso di imbatterci in strutture di patrimonializzazione dei diritti di immagine in cui ad essere coinvolta è un’agenzia. Queste agenzie, molto frequenti in ambito sportivo e nel settore della moda, tendenzialmente agiscono per conto del proprio cliente (sia esso uno sportivo o, più genericamente, una “celebrity”) sulla base di un contratto di mandato il quale, a seconda dei casi, viene conferito con o senza rappresentanza. Come trattare i compensi pagati da un brand a uno sportivo ogniqualvolta intervenga un’agenzia è “tutta una questione di mandato”. È il tipo di mandato, infatti, a governare la disciplina fiscale.
A cura di Lucia di Tanna, Gabriele Giardina, Davide Greco – RSM Studio Tax Legal & Advisory
Sport e protezione dei minori: politiche di safeguarding e conformità normativa e regolamentare
Lo sport tra gli under 18
Secondo il rapporto del CONI, concluso nel mese di giugno 2024 e riferito ai dati degli anni 2021 e 2022, gli atleti tesserati FSN-DSA in Italia sono pari a 4,9 milioni dei quali il 55,5% sono minorenni e il 31,3% sono donne (Fonte “Coni, da monitoraggio CONI-FSN-DSA 2021-2022”).
Si tratta quindi circa di circa 2,7 milioni di giovani, al di sotto dei 18 anni, che praticano sport presso strutture iscritte a FSN-DSA-ESP.
La partecipazione dei minori alle attività sportive di ASD federate è davvero rilevante, presentandosi in netta ripresa dopo il calo registrato nel periodo pandemico.
Il lavoro minorile nello sport
La presenza dei minori dello sport implica inevitabilmente impatti con la normativa nazionale sul lavoro minorile, in un quadro complesso che include disposizioni a livello internazionale, comunitario e nazionale, oltre a specifici riferimenti nella Costituzione italiana, in particolare negli articoli 34 e 37, che proteggono il lavoro dei minori garantendo condizioni eque e parità di retribuzione.
La principale normativa nazionale di riferimento è la legge n. 977 del 1967, che regola il lavoro dei minori e che è stata successivamente aggiornata per conformarsi alle direttive comunitarie, dettagliando le condizioni di lavoro per i minori, comprese le ore lavorative, i riposi e le ferie, e specifica i lavori proibiti, la sorveglianza sanitaria e la tutela previdenziale. Questa legge stabilisce che l'età minima per entrare nel mondo del lavoro è fissata a 16 anni, in linea con l'obbligo scolastico della durata di dieci anni. In settori specifici come quello sportivo sono ammesse deroghe purché si tuteli il benessere, la sicurezza, l'integrità psicofisica, lo sviluppo, la frequenza scolastica o la partecipazione a programmi formativi.
In questi casi, è necessario ottenere:
- un'autorizzazione preventiva dall'Ispettorato Territoriale del Lavoro (non necessaria per attività non assimilabili al lavoro o all'occupazione;
- il consenso scritto dei genitori (i quali rivestono ruolo cruciale per il perfezionamento del rapporto di lavoro, ma anche nell’esecuzione del rapporto, dovendo garantire il rispetto delle regole sociali da parte di figli;
- un certificato medico che attesti l'idoneità fisica del minore).
Il Decreto Legislativo n. 36 del 2021 introduce la possibilità per le associazioni e le società sportive dilettantistiche di stipulare contratti di apprendistato per giovani a partire dai 14 anni, estendendo le opportunità professionalizzanti fino ai 15 anni per le società sportive professionali.
La riforma degli enti sportivi e le politiche di safeguarding
Nel 2024 l’associazionismo sportivo è stato gravato da nuovi adempimenti di natura regolamentare volti a garantire la sicurezza dei lavoratori sportivi e dei minori.
In particolare, sono state introdotte disposizioni specifiche a tutela della salute e della sicurezza dei minori che praticano attività sportiva e sono state fissate delle scadenze per gli adempimenti e gli obblighi, anche informativi, da parte delle società e delle associazioni sportive e per la designazione di un responsabile della protezione dei minori. Ciò allo scopo, tra l'altro, di contrastare ogni tipo di abuso e di violenza e di fornire protezione all'integrità fisica e morale dei giovani sportivi, come previsto dall’art. 33 del D. Lgs 28/02/2021 - n. 36 e ss.mm.ii.
Il 31 agosto 2024 – poi posticipato al 31 dicembre 2024 – infatti, era il termine entro il quale le associazioni e le società sportive dilettantistiche avrebbero dovuto compiere gli adempimenti prescritti dalle disposizioni in materia di safeguarding. In breve, le realtà sportive sono state chiamate ad adottare modelli organizzativi e di controllo, nonché codici di condotta, in grado di rendere sicuri gli ambienti sportivi, prevenendo e contrastando abusi psicologici e fisici, episodi di prevaricazione, come il bullismo ed il cyber bullismo, comportamenti discriminatori ed ogni forma di violenza e molestia.
È importante sottolineare che tutte le ASD devono adempiere a tali obblighi.
Aspetti critici e casi seguiti
Analizzando le tante fonti normative nazionali e sovrannazionali, dalla Costituzione italiana alla Convenzione Internazionale sul Diritto dell’infanzia sino alla recente normativa citata, allo sport minorile viene sovente associato il termine: “libertà”. Libertà all’esercizio dell’attività sportiva, la quale deve garantire il massimo sviluppo della personalità del fanciullo che può formarsi solo in un ambiente ove sia assicurata la protezione della sua integrità fisica e morale contro ogni forma di abuso, violenza e discriminazione.
Quale tutela può essere prestata ai minori vittime di abusi e quali responsabilità possono configurarsi per le ASD e per i propri affiliati?
A cura di Antonio Isoldi – RSM Studio Tax Legal & Advisory
Parità di genere nella scherma, quali opportunità nella certificazione
Adottare una politica di parità di genere basata sul rispetto e la valorizzazione della diversità e delle pari opportunità è una delle pratiche che distinguono le organizzazioni più innovative.
Il contesto normativo di riferimento
La prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, entrata in vigore il 16 marzo 2022, definisce le linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere e si candida ad essere il primo ed unico riferimento per tutte le organizzazioni che decidono di perseguire la parità di genere.
Per creare un ambiente inclusivo, seguendo le prescrizioni contenute nella prassi Uni/PdR 125:2022, le organizzazioni devono misurare, rendicontare e valutare i dati relativi al genere al fine di colmare i gap e produrre un cambiamento sostenibile e durevole nel tempo. Per individuare correttamente i dati e le informazioni riguardanti l’inclusione e la parità di genere, l’organizzazione deve utilizzare determinati indicatori di performance (KPI), così come previsti dalla prassi, che devono essere verificabili, pertinenti e confrontabili e in grado di guidare il cambiamento e di rappresentare il continuo miglioramento messo in atto.
Come supportiamo le organizzazioni verso la certificazione della parità di genere
Il team di RSM, seguendo le raccomandazioni operative fornite dalla prassi di riferimento, supporta le organizzazioni nella definizione del piano strategico che deve essere messo in atto al fine di promuovere e valorizzare la parità di genere e che si traduce nell’impostazione di un modello gestionale che, attraverso la predisposizione e il continuo monitoraggio di adeguati KPI, consenta all’organizzazione di mantenere i requisiti definiti e attuati.
Il supporto operativo del team si traduce nell’implementazione delle seguenti fasi del piano strategico, così come previsto dalle linee guida fornite dalla UNI/PdR 125:2022:
- identificazione dei processi correlati ai temi relativi alla parità di genere individuati
- identificazione dei punti di forza e di quelli di debolezza rispetto ai temi
- definizione degli obiettivi e delle azioni decise per colmare i gap
- definizione, frequenza e responsabilità di monitoraggio dei KPI definiti
Il nostro team affianca l’organizzazione anche nel mantenimento di tutti gli aspetti del sistema di gestione quali la raccolta e l’archiviazione della documentazione, il monitoraggio degli indicatori, la comunicazione interna ed esterna, la pianificazione e l’implementazione di audit di conformità interni, la gestione delle non conformità, le azioni di miglioramento e la revisione periodica del sistema.
A cura di Lara Conticello – RSM Società di Revisione e Organizzazione Contabile S.p.A.