Articolo di Raffaele Mazzeo e Pierpaolo Pagliarini, Partner RSM S.p.A. pubblicato su Economy di Luglio 2024.

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Una delle principali esigenze in tema di sostenibilità delle imprese è quella di comprendere quali possano essere i vantaggi degli investimenti che dovranno sostenere in vista della adozione della direttiva europea CSRD ( Corporate Sustainability Reporting Directive). Il tema è diventato urgente dal momento che in seguito all’entrata in vigore della direttiva l’anno prossimo oltre 5000 imprese italiane saranno obbligate a pubblicare un report di sostenibilità molto articolato che va ad integrare il  bilancio tradizionale. A questo si aggiunge l’obbligo di sottoporre il report a revisione contabile.

In questa fase gli imprenditori sentono il bisogno di capire quali sono i vantaggi degli investimenti in sostenibilità.

Investire  in sostenibilità conviene in quanto l’imprenditore usufruirà di vantaggi competitivi per un periodo molto lungo fino al 2050. In sostanza acquista un biglietto con una priority che lo renderà più competitivo a lungo termine soprattutto per chi opera sui mercati UE e USA.

È dunque fondamentale conoscere a fondo le regole del mercato, in particolare i criteri tecnici che gli investitori, le banche e l’Unione Europea stanno già adottando per convogliare le risorse finanziarie verso investimenti sostenibili.

Facciamo un passo indietro. Il ruolo dei fattori ESG come abilitatori del percorso di sostenibilità delle società deriva dalla spinta che l’Europa ha impresso, convogliando ingenti risorse verso gli investimenti sostenibili, a partire dai fondi del Next Generation EU, al PNRR, fino al piano Net zero che prevedono la riduzione dei gas serra del 55% entro il 2030 e la neutralità climatica entro il 2050. Per raggiungere l’obiettivo entro i prossimi 26 anni, la macchina degli investimenti per trasformare l’industria, i trasporti e le costruzioni deve partire immediatamente.

Il framework della direttiva CSRD contiene una forte componente prospettica che indirettamente spinge le imprese a ripensare il proprio modello di business alla luce della transizione.

La transizione richiede investimenti per centinaia di miliardi entro il primo step del 2030 e successivamente sino al 2050. Una parte delle risorse pubbliche sono state già stanziate con il Green Deal ma è già stato annunciato dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen un nuovo fondo sovrano europeo per supportare gli investimenti della transizione.

LE OPPORTUNITÀ DEGLI INVESTIMENTI ESG

Oggi i principali utilizzatori di informazioni ESG sono le banche. La CSRD da questo punto di vista è in grado di soddisfa la domanda del mercato di informazioni ESG che come detto entrano a pieno regime fra le informazioni di bilancio.

Nelle banche c’è una forte attenzione ai temi della sostenibilità e agli impatti dei rischi climatici e ambientali.  La leva del mercato finanziario finora basata sulla relazione "Rischio - Rendimento" si evolve nel nuovo schema: "Rischio - Rendimento - Impatto".

Le banche utilizzano come bussola per valutare il rischio di transizione lo strumento di classificazione delle attività ecosostenibili del Regolamento europeo 2020/852 della Tassonomia UE, già in vigore.

Come è successo anni fa con l’introduzione dei rating di Basilea II, si sta delineando un nuovo elemento nel rapporto fra le banche e le imprese italiane rappresentato dalla Tassonomia. Diventa pertanto fondamentale per l’impresa la conoscenza di questo regolamento europeo e avviare la classificazione delle attività dello stato patrimoniale e del conto economico secondo i nuovi criteri ecosostenibili. Si tratta di informazioni che contribuiscono a migliorare l’accesso al credito.

Un altro ambito in cui l’informazione ESG viene apprezzata sono le filiere produttive e le catene di fornitura.

Le imprese soggette all’obbligo della CSRD dovranno rendicontare la sostenibilità della loro catena del valore. Gli impatti si estenderanno inevitabilmente lungo le filiere ed anche le PMI saranno trascinate nel percorso di transizione. Aumenterà così ulteriormente il numero dei soggetti che dovranno predisporre informazioni di sostenibilità.

In pratica le oltre 5000 aziende italiane soggette alla CSRD saranno chiamate dal 2025 a richiedere alle loro imprese fornitrici alcune informazioni di sostenibilità. Operativamente le aziende obbligate alla CSRD dovranno richiedere ai loro fornitori di rendicontare periodicamente alcune informazioni di sostenibilità per mantenere la continuità del rapporto commerciale. Nelle filiere ad alta concorrenza la sostenibilità può diventare un fattore premiante di rilievo.

L’ASSURANCE COME GARANZIA DI AFFIDABILITÀ DEL DATO

Con la CSRD l’informazione ESG assume dunque un peso rilevante nel bilancio d’esercizio e nel merito creditizio delle imprese. L’affidabilità del dato diventa un requisito obbligatorio e per questo motivo il legislatore europeo ha previsto l’obbligo della revisione di sostenibilità per le imprese obbligate alle CSRD.

QUALI IMPRESE SONO OBBLIGATE?

La direttiva europea CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) impone alle grandi imprese l’obbligo di pubblicare un’articolata rendicontazione di sostenibilità all’interno del bilancio d’esercizio. Per le imprese non quotate, l’obbligo scatta dal 2025 (pertanto dai bilanci che saranno pubblicati nel 2026) se si superano per due esercizi consecutivi almeno due di questi parametri a livello individuale e/o consolidato: 50 mln di fatturato, 25 mln di attivo e 250 dipendenti. L’Italia dovrà recepire la CSRD nel proprio ordinamento entro il 7 luglio 2024 per non incorrere in un procedimento di infrazione comunitaria. Tra le varie prescrizioni della CSRD vi è l’obbligo dell’impresa di nominare il soggetto incaricato della “assurance” ovvero la revisione delle informazioni ESG.

Per prepararsi in tempo alla scadenza del bilancio 2025, molte aziende hanno deciso di redigere un “report di sostenibilità 2024 nell’ottica della CSRD” e di assegnare la revisione volontaria di tale documento ad una società di revisione.

LA NUOVA FIGURA DEL REVISORE DI SOSTENIBILITÀ

La scelta della società di revisione quale revisore di sostenibilità appare, al momento, la via maestra. Le società di revisione possiedono le necessarie competenze multidisciplinari e già da molti anni rilasciano relazioni di revisione sulle Dichiarazioni Non Finanziarie delle società quotate in borsa e sui Report di Sostenibilità.

In base alla CSRD, nei primi anni la revisione sarà “limitata”. Successivamente scatterà l'obbligo di una revisione “completa”. La revisione limitata impone in ogni caso al revisore di svolgere procedure di verifica sul processo seguito dall'azienda sia riguardo alla selezione dei temi di sostenibilità più rilevanti per l'azienda (analisi di doppia materialità) che occorre rendicontare per non incappare in omissioni. Il revisore, inoltre, è tenuto ad analizzare il sistema di rendicontazione adottato e svolgere verifiche a campione sui dati e presso i siti aziendali. La revisione completa comporterà un'estensione delle procedure in termini di campioni più ampi da analizzare nonché la valutazione del sistema di controllo interno con lo svolgimento di specifici test di controllo dell'efficacia dello stesso.

Con la CSRD, i revisori saranno chiamati ad esprimersi su un'informativa di sostenibilità molto più ampia e strutturata. Ci troviamo di fronte a una vera e propria frattura rispetto al passato. Gli standard di reporting finora seguiti a titolo volontario, quelli del GRI, prevedono un numero elevato di raccomandazioni e un livello molto limitato di prescrizioni. La CSRD, invece, obbliga le imprese a rispettare le corpose prescrizioni degli ESRS. E’ richiesta la selezione delle questioni di sostenibilità effettivamente pertinenti e rilevanti rispetto agli impatti che l'azienda produce sugli stakeholder e/o possono impattare in maniera significativa sui risultati aziendali sia in termini di rischi che opportunità. Questa svolta impone alle aziende di produrre un'informativa puntuale e dettagliata. È richiesto di rispondere anche nel caso in cui l'azienda sia sprovvista di specifiche politiche azioni e target. Il revisore, pertanto, sarà tenuto a verificare attentamente che le numerose prescrizioni degli ESRS siano puntualmente state soddisfatte sia in termini formali attraverso la rendicontazione del dato sia in termini sostanziali, andando quindi a verificare le informazioni fornite.

In conclusione, è arrivato il momento per le grandi imprese di nominare la società di revisione/revisore che dovrà rilasciare l’attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità rispetto alla CSRD e ai relativi standard di rendicontazione ESRS adottati dalla Commissione Europea.