Articolo di Lara Conticello, Associate Partner RSM S.p.A., pubblicato su Economy di Novembre 2024.

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Il 16 marzo 2022 è entrata in vigore la Prassi di Riferimento UNI/PdR 125:2022 che definisce i requisiti per la Certificazione di Parità di genere, con l’obiettivo di avviare un percorso sistemico di cambiamento culturale e sostenibile. Secondo i dati del Dipartimento per le Pari Opportunità, la certificazione è stata particolarmente promossa tra le aziende di grandi dimensioni, che oggi sono obbligate a ottemperare agli standard fissati anche dalla Direttiva CSRD . Una spinta doverosa e importante verso la responsabilità sociale dei primi operatori economici: le aziende. La UNI PDR 125:2022 è stata pioniera di un principio fondamentale: la misurazione dell’impatto che le politiche di genere hanno sulle organizzazioni. Infatti, prevede la strutturazione di un insieme di indicatori prestazionali (KPI) inerenti alle politiche di parità di genere e l’attuazione di un sistema di gestione per la parità di genere che ne garantisca il mantenimento nel tempo. L’azienda che si certifica ottiene dei benefici non solo reputazionali ma anche economici: 

- Premialità Contributiva: Risparmio fino all’1% sui contributi previdenziali, nel limite massimo di 50.000 euro annui per ciascuna azienda (art. 5 L. n. 162/2021).

- Premialità in gare della Pubblica Amministrazione: 

- Riduzione del 30% della cd. «garanzia provvisoria» nelle gare pubbliche (DL n.36/2022 - lettera a);

- Miglior posizionamento in graduatoria nei bandi di gara per l’acquisizione di servizi e forniture (DL n.36/2022 - lettera b).

Eppure, c’è ancora molto da fare, soprattutto per le piccole imprese, che trovano complesso adattarsi agli indicatori richiesti dalla Prassi di Riferimento. Le semplificazioni previste per queste aziende sono un passo importante, ma resta la necessità di un maggiore supporto nella fase di implementazione. La UNI/PdR 125 ha ottenuto un’attenzione crescente anche a livello internazionale, rendendo le aziende italiane più competitive sui mercati esteri. Ma non basta. Il “Diversity Index” in Italia misura vari aspetti legati all’inclusione e alla diversità nel mondo del lavoro, con un focus particolare su genere, etnia, e disabilità. Nonostante alcuni progressi, come l’aumento della rappresentanza femminile nei Consigli di amministrazione grazie alle quote di genere (arrivando al 30,6% di donne nei CdA delle aziende quotate), l’Italia presenta ancora ampie disparità, soprattutto in termini di leadership femminile e di partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Solo il 50,2% delle donne italiane è occupato, ben al di sotto della media europea del 62,7%, e la disparità salariale rimane una problematica persistente, con le donne che guadagnano in media il 27,8% in meno rispetto agli uomini.

La CSRD darà una forte spinta alla Diversity Equity e Inclusion. Tutte le aziende obbligate infatti dovranno rendicontare i principi ESRS Social: Forza Lavoro, Caratteristiche dei dipendenti dell’impresa; Metriche della diversità, Salari adeguati, Metriche di remunerazione (divario retributivo e remunerazione totale), Lavoratori nella catena del valore.